Buona Pasqua, amore mio

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Lo vidi andar via dopo quell’ultimo fugace nostro incontro. Vidi i suoi occhi che un attimo prima guardavano le mie spalle che fuggivano da lui e dalla valanga di sensazioni  ricacciate ancora una volta dentro di me, in fondo a quell’anima che era divenuta fragile come carta velina.

Ormai si stava strappando, quell’anima mia. Sospesa da tempo immemore tra amore, alibi da quattro soldi, e giustificazioni eterne.Tra amarezza e gioia. Tra speranza e cadute. In un’attesa lunghissima e sterile e svilente.

E ferite

Come si può continuare a provare un sentimento tanto profondo e infiltrante per un uomo che non ti potrà mai amare nel modo in cui tu vorresti? Come si possono accettare, giustificare, comprendere assenze, mancanze, delusioni, distacchi, silenzi?

La gente ama l’amore, sceglie la vittima che più gli piace, gli dà un ruolo fatale e si lascia fustigare. E gode di quella sofferenza.

Teorie. Parole vuote e retoriche. Banali, rabbiose.

L’amore esiste e tu ne sei la prova. Guardati, ne sei la prova. Guardati allo specchio, ne sei la prova.

Lo ripetevo come un automa. Lo urlavo al chiuso del mio cuore.

Io sentivo il dolore nei miei occhi. Che non volevano saperne di staccarsi da quelli di lui, dalle sue labbra sognate mille e mille volte e da quelle mani che non ricordavo più com’erano al tempo delle carezze audaci e chiuse in un cassetto serrato, ignorato, gettato tra i rifiuti. E che pure potevo descrivere fin nei dettagli, come se fossero mie. Perché ogni scheggia di lui è sempre stata in me. Mia.

Io smaniavo rigirando i miei pensieri confusi, prigionieri di una situazione ingarbugliata e disperante, irrisolvibile. E mi vedevo bella, la più bella del mondo, era perché mi vedevo attraverso gli occhi suoi. E aspettavo un suo cenno per sopravvivere, rinascere ed essere felice.

Una dipendenza straziante. Come una malattia finale. O come un distacco eterno. Come la morte.

Si può far finta di niente?

Lavare il corpo e le colpe. O invece conservarle per sempre, come prova tangibile di un tempo fatto di eterno e vissuto in qualche vita, in qualche dimensione. Qualcosa di nostro. Come uno spazio o una casa o il rumore di passi in un vicolo buio, di sera, mentre piove e le luci fioche di un paese qualsiasi si specchiano nelle pozze irregolari, formando brillanti fasci di luce.

Qualcosa di essenziale alla vita stessa.

Dovevamo scappare, amore mio.Non dovevamo innamorarci ancora. Perché l’amore ha fame e noi non abbiamo nulla da potergli offrire per saziarlo.Perché lo spazio è diventato stretto e non può contenerci.

Lo guardai andare via ancora una volta, come tutte le altre e lo amai infinitamente mentre le mani tremavano e il cuore usciva dal petto. Un nuovo flash da ripensare centinaia di volte.

Quando lo avrei rivisto? Per quanto tempo ci saremmo dovuti accontentare di quei fotogrammi frammentati, brucianti, che prima ci avrebbero cullati e poi massacrati e ridotti in pezzi?

Dove sarei andata stavolta a rimettere insieme le tessere di me, per continuare a vivere e a far finta che tutto andava bene… Chi mi avrebbe salvata?

Un altro uomo, un’altra illusione, nuove spalle da abbracciare, nuovi odori da imparare. E nuovi gesti, altri respiri. Una spirale maligna. E ancora sofferenza.

No. Ho deciso.

Scappo, amore mio. Scappo per sempre. E ti prometto che non ti farò più male. Che non me ne farai. Ti lascio andare con la tua musica, il tuo sorriso, le tue parole. E non li ricorderò mai più.

E non tornerò indietro.

Passo di là, in quella parte di vita che fingerà di non averti mai conosciuto. In una vita senza tramonti, senza poesia e batticuore e sogni. Una vita al riparo.

Dove il mare sarà acqua, il cielo una volta grigia e il sole il disegno di una palla su un foglio stropicciato.

Passo di là dove l’amore è solo un nome comune di cosa, maschile, singolare. Astratto.

Così come la speranza. E il futuro.

Oggi è Pasqua, amore mio.Ho deciso di farti gli auguri. Ma ho anche deciso che sarà l’ultima cosa che avrai di me.

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