Novoli, si festeggia Sant’Antonio. Tutti a tavola con il menù alternativo di Simone D’Ambrosio

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Simone DAmbrosio Fornello VeganoNovoli (Le) – La festa di Sant’Antonio affonda le sue radici nella notte dei tempi, e vive attraverso piccole tradizioni che di fatto connotano la nostra comunità. Tra queste il pranzo del 17, rigorosamente a base di pesce. Ma la società evolve, e ci sembra giusto rivolgere attenzione verso una fetta di popolazione che nel tempo ha raggiunto nuove consapevolezze, e ha scelto l’alimentazione vegana. E allora, per chi volesse avere un’idea per mantenere il senso di vecchie tradizioni senza necessariamente cibarsi di pesce, Simone D’Ambrosio, alias Fornello Vegano, col suo stile unico e originale, propone un menu alternativo, gustoso e senza alimenti di derivazione animale.

Paisemiu.com lo pubblica, insieme ad una considerazione a margine. Sant’Antonio è il protettore degli animali. La benedizione che nel pomeriggio della vigilia viene impartita agli animali è emozionante e pregna di significato. Solitamente, sul piazzale affollato, decine di cani e gatti disegnano un’allegra compagnia di voci e bellezza. Ma il regno animale non si esaurisce con cani e gatti; lo stesso Santo in alcune icone è ritratto in compagnia di un maialino e di altre specie. Dunque, camminiamo. Camminiamo in un percorso che allarghi gli orizzonti, e che renda anche gli animali protagonisti della festa. Protagonisti felici.

Sagne alla novolese

sagne alla novolese pPiatto vegano nato come proposta alternativa al tradizionale piatto a base di pesce che tutti i novolesi mangiano il giorno del loro santo patrono, Sant’Antonio abate. Ideato per tutti coloro che, appunto, non mangiano animali e loro derivati.

Ho utilizzato ingredienti tipici del territorio e della tradizione culinaria salentina, cercando di ricordare nella forma e nei colori la Fòcara (monumento di ingegneria contadina eretto in onore del Santo e che con i suoi 25 metri di altezza è la pira di tralci di vite più alta del mondo).

Ingredienti? salentini… vino aleatico novolese (paese che porta il grappolo d’uva nel suo stemma), olive leccine di Nardò, olio d’oliva salentino alla facciaccia della xylella, capperi racalini (Racale fino agli anni 70 era leader nella produzione di tali boccioli), pomodori da pennula, peperoncini “uarda a ncielu” (tipici salentini, ricordano il fuoco della Fòcara nel sapore e la sua religiosità nel nome) e sagne ncannulate

La pasta è di farina di grano duro, acqua e cruschello. Stendetela sottile e fatene striscioline lunghe circa venti centimetri e larghe tre. Arricciatela e piegatela in due.
Passiamo al pesto… Denocciolate un tot di leccine di Nardò e buttatele in un frullacosu insieme alla stessa quantità di mandorle, uno spicchio di aglio, 4-5 foglie di basilico e tanto olio evo salentino. Frullate finché non otterrete un pesto abbastanza cremoso.

Ora passiamo ai pomodori da pennula … i pomodori da corda. Anticamente i contadini in mancanza di tempo usavano questi pomodori per i loro pranzi veloci. Loro sono gli ideatori di una ricetta fantastica: i pomodori scattarisciati!
Semplicemente pomodori fritti con uno spicchio di aglio, capperi e qualche foglia di basilico. Noi usiamo i capperi racalini … Fate imbiondire uno spicchio di aglio in un bel po’ di olio evo e subito dopo buttateci dentro una dozzina di pomodori interi (scattarisciati significa scoppiati, dovete lasciarli letteralmente scoppiare nell’olio). Lasciate andare con qualche foglia di basilico e prima che tornino buttateci dentro i capperi di Calimera.
Pochi minuti prima della cottura andiamo di aleatico… Un paio di cicchetti del vino tipico novolese (non abbiate paura dell’alcool, a 78 gradi evapora e ciò che resta sono i profumi e i sapori del vitigno novolese) e il gioco è fatto.

Non ci resta che cuocere la pasta e condirla col pesto e i pomodori scattarisciati. Buon appetito