“Questa sera è già domani”, l’ultimo romanzo di Lia Levi

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Pensare che la propria terra e la propria casa siano i luoghi in cui trovare conforto e sicurezza, è un atto di coraggio quando a decidere cosa ti appartenga è una Legge. Le Leggi Razziali che nel 1938 piombarono in Italia furono la meschina azione di uno Stato oramai alla mercé del proprio compagno di guerra. Un’Italia che non sarebbe mai entrata nel secondo conflitto mondiale e che venne poi inaspettatamente bombardata. Con forte sgomento le stesse leggi vennero accolte dalle famiglie ebraiche in Italia. Proprio quello che accade alla famiglia Rimon, nell’ultima fatica letteraria di Lia Levi, “Questa sera è già domani”. Il titolo del romanzo, si riferisce alla vigilia del sabato che, nella concezione dell’Ebraismo, indica l’accoglienza e la speranza, ed è il giorno in cui ci si prepara per favorire la venuta della festività.

Il romanzo di Lia Levi è un invito alla riflessione, non solo in quello che è stato il fascismo in Italia, ma anche una riflessione sulle abitudini, sugli egoismi e sulle generosità dell’essere umano. L’intuito di qualcuno che invita l’altro a seguirlo e la debolezza di farsi convincere a rimanere, ad arrendersi a quel speranzoso “non accadrà nulla”, e poi la terribile consapevolezza di riconoscere di essersi sbagliati e di non aver più il tempo per ritornare a quella decisione che poteva essere l’unica via d’uscita. Un romanzo che fa tremare il cuore al lettore che vive consapevolmente la memoria del periodo più terribile della Storia.

A farla da padrone sono, come realmente accadde nella Storia, lo sgomento e la paura, in uno scenario in cui l’azione politica si intreccia con il privato. Ed è proprio questa la chiave di lettura, l’intreccio tra pubblico e privato dimostrando come, in realtà, non sono la Storia e la politica che condizionano le vite degli uomini, ma il loro carattere, frutto delle frustrazioni e delle speranze, che sorge perché schiacciato da determinate decisioni politiche.

Il romanzo prende spunto dalla vita del marito dell’autrice Alessandro Tas, perciò potremmo definirlo autobiografico, ed è l’intreccio delle vite dei componenti della famiglia Rimon, al centro del quale emerge la figura di Alessandro, bambino creduto prodigio, che si dimena nel rapporto con i genitori, caratterialmente molto diversi tra di loro, e gli altri componenti della famiglia, tra cui il caro nonno, gli zii e i cugini. Ma, il vero protagonista del romanzo di Lia Levi è il sentimento; in particolare, le sensazioni e le ragioni di una famiglia ebrea, che cresciuta al sicuro, si ritrova senza più una Patria, ancora incredula su ciò che sta accadendo e costretta a dover fuggire con la paura di essere scoperta, inconsapevole, come realmente accadde tra gli ebrei italiani costretti alla fuga, della terribile sciagura di cui l’Umanità si sarebbe macchiata.

Molto spesso nella vita, ci si rende conto come siano le decisioni istintive, quelle prese all’ultimo momento o quelle che sembrano non aver alcun senso a indicarci la strada giusta o a salvarci, ed è proprio quello che accade nel romanzo di Lia Levi. Ciò che non aveva senso o poteva sembrare pericoloso, si rivelerà essere l’ancora di salvezza.